Champagne socialist: i rivoluzionari del vino sono radical chic

La rivoluzione non è un pranzo di gala, diceva Mao, ma potrebbe essere un bicchiere di buon vino. Un nuovo locale a Milano promette di cambiare tutto grazie ai vini naturali (e alla moda)
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Noi in Italia li chiamiamo radical chic, champagne socialist negli States. Negli anni Settanta indossavano l’Eskimo ma abitavano nell’attico, sfilavano in corteo ma poi tutti in vacanza a Forte dei Marmi.

Oggi bevono vini naturali, risvoltano i pantaloni e fanno shopping in qualche boutique di Brooklyn. Politica attiva? Ci si schiera scrivendo proclami sui social network, a 100 amici, e ci si sente già dei Che Guevara. Per citare la cantante Levante, “ma in piazza scendo solo per il cane, non mi vogliate male, ho sempre poco tempo per lottare”.... Adesso hanno un nuovo locale a Milano dove andare, e si chiama proprio così: Champagne Socialist.

RIVOLUZIONARI NEI CONSUMI

Altro che sindacalismo e volontariato, i radical chic di oggi testimoniano con i consumi la propria differenza. Spendono per i piccoli produttori, di moda, borsette, verdure e bottiglie, hanno gusti sofisticati e hanno fatto della qualità del proprio cibo un fatto di valori. Vino naturale, hamburger gourmet, cucina vegetariana, gin o tequila, è uno stile di vita.

IL VINO NATURALE E’ MODA

Bere vini naturali va di moda, ovunque nel mondo, dal grande ristorante al bistrot di Londra. Vino brutal, per dirla alla spagnola, orange wine all’inglese, vin nature in Francia: si sta parlando di quelli che in Italia sono chiamati “vini naturali”.  Definizione che dal punto di vista legale significa tutto o niente, ma che identifica una filosofia di produzione ben precisa. Sono il prodotto di vignaioli che rifiutano di usare prodotti chimici di sintesi per la coltivazione e nel vino, di intervenire in cantina con pratiche invasive, che rispettano il territorio e la sua storia, spesso biologici o biodinamici.

I VINI MARMELLATOSI NON LI BEVIAMO PIU’

Non significa che prima lavorassero male, un buon vino è sempre stato un buon vino, diciamo solo che come nella cucina l’attenzione al processo di produzione e non solo al prodotto finito ha assunto un’importanza dominante. Parallelamente sono anche cambiati i gusti, e se i vini rossi “marmellatosi” e i bianchi dolci e aromatici se li bevono sempre in meno, fra chi se ne intende almeno un pochino si prediligono vini più leggeri, con meno tannino, con una acidità spiccata, mineralità e note caratterizzanti. Dal Chianti siamo passati al Nebbiolo, dal San Giovese al Pinot Nero.

IL LOCALE: CHAMPAGNE SOCIALIST

È tendenza, e a Milano la si cavalca per primi. Professionisti del vederla lunga e costruirci un impero, la coppia di amici e imprenditori Davide Martelli e Alessandro Longhin - una vita a fare tutt’altro prima di aprire The Botanical Club (tre locali in poco più di un anno) e ora un nuovo progetto. Champagne Socialist, wine bar per fighetti avveduti dove bere bene a prezzi giusti (dai 5 € al calice) nel Gay District milanese di Porta Venezia. Il locale è piccolo, con quel "non finito" di design, con mura scrostate e bottiglie in vista - quelle che altrove è difficile trovare. Un bancone, qualche sedia dentro e fuori, il dettaglio dei calici con la A cerchiata di anarchia che verrebbe subito voglia di fregarseli (e chiassà quanti lo faranno). Il loro motto “wine today, revolution tomorrow” sembra uno sfottò antipolitico, una parodia, ma forse è solo troppo sottile... Per citare Oscar Wilde, “purché se ne parli”: ogni mezzo è lecito per non sentire più ordinare “un bicchiere di bianco” e veder bere anonime schifezze. La rivoluzione non è un pranzo di gala, ma può essere un buon bicchiere di vino. Un passo alla volta, cominciamo dal vino.

https://youtu.be/jsCR05oKROA