Allo storico bar Mokita ricorderanno in modo speciale l’edizione di quest’anno del Gay Pride. Non per l’arcobaleno degli striscioni e delle magliette dei partecipanti. E neanche per la doverosa commemorazione di Erika, la ragazza uccisa dalla bolgia della finale di Champions, che in piazza San Carlo ha silenziato la grande festa dei diritti per tutti. «Verso ora di pranzo, sono passati dei poliziotti che ci hanno vietato di servire, nei dehors, non solo le bottiglie di vetro o le lattine come scritto nell’ordinanza del Prefetto. Ma anche i caffè nelle tazzine di porcellana – dice Luca Dantone, responsabile del bancone di piazza Castello -. Un’esagerazione: in tanti anni di carriera non ci era mai successo».

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AL CAFFE’ TORINO

Neanche lo zucchero, mescolato negli espressi versati nei bicchieri di cartone, è riuscito a cancellare quel gusto amaro di città sotto scacco dall’incubo sicurezza. «Quando sono passati i vigili ad avvertirci dell’ordinanza, il proprietario voleva chiudere. Poi, ha rinunciato. Ma sono state tante le lamentele dei clienti», dice Fabio Spettacolo, barman del Caffè Torino dall’altra parte della piazza. Parla mentre versa in un bicchiere di plastica, che di solito si usa nelle discoteche sulla spiaggia, un cocktail da 15 euro. «Molti hanno fatto la faccia storta. E difficile spiegare ai turisti che un bar così elegante sia costretto a rinunciare al vetro».

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AL SAN CARLO

Vietati calici, coppe per il gelato e lattine. Ma non solo. Al San Carlo hanno ritirato dai tavolini esterni anche i posacenere di vetro per evitare multe. «Abbiamo superato l’eccesso con questa ordinanza», dice Romano Seclen, responsabile del lussuoso bar che ieri ha perso il 50% dell’incasso. «Una quindicina di tavoli a pranzo sono andati via quando hanno scoperto i divieti anti-vetro». Se i clienti stranieri sono stati più comprensivi, gli italiani hanno preferito allontanarsi piuttosto che sottostare alle decisioni. L’ordinanza è accusata per la poca chiarezza anche perché, se nella prima pagina evoca il divieto di somministrare, vendere e detenere (fino alle 15 di oggi) bevande e alimenti in «contenitori idonei all’offesa», nel paragrafo più importante riduce il perimetro dell’interdizione alle «sole» «bottiglie di vetro e lattine» lungo tutto il percorso del corteo e le prime vie parallele.

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I CLIENTI

Ma c’è chi ha stretto i denti come la signora Pina Carli che non ha rinunciato all’aperitivo – in plastica - sotto i portici. «Anche se – ammette – questi divieti sembrano kafkiani». Anche perché darsi appuntamento per un calice di champagne davanti al Cavallo di Bronzo e rischiare di berlo in un bicchiere di plastica può essere un colpo per tutti. Non solo per i clienti più facoltosi del salotto di Torino che ieri si è animato per un’edizione del Gay Pride orfana dei venditori abusivi di alcolici e del solito tappeto di vetri rotti. «Noi ci siamo portati le lattine da casa, ma un vigile ci ha ripreso spiegandoci che era vietato anche tenerle in mano», dice Valentina Cella. E, alla fine della giornata si conta anche qualche denuncia: quattro esercenti - due in piazza Castello e due in via Garibaldi - sono stati denunciati perché vendevano bottiglie di vetro durante il corteo.

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