L'avventura di due fratelli, lasciano il lavoro e si dedicano al vino biologico
La storia di Raffaele e Tomas Sovran, uno falegname, l’altro meccanico: «Dopo la morte di papà, l’azienda si era fermata: noi le abbiamo dato nuova vita»
SESTO AL REGHENA. Uno è stato barman e falegname, l’altro manutentore meccanico. Ora sono agricoltori che puntano al rilancio dell’azienda familiare, guardando al biologico e alla tradizione come garanzia di qualità dei prodotti.
Sono i fratelli Raffaele e Tomas Sovran, 48 anni il primo, titolare dell’omonima azienda, 36 il secondo. La loro avventura tra campi e vigneti è iniziata quattro anni fa, quando hanno cambiato vita per prendere in mano quanto lasciato da genitori e nonni in località Versiola, a Sesto al Reghena. E avviando un percorso di conversione al biologico di buona parte della produzione, che ora inizia a dare i suoi frutti (sono tra i pochissimi produttori di Merlot biologico in regione), pur tra le avversità del clima e la burocrazia.
L’azienda. Una quarantina di ettari, tra quelli in proprietà e in affitto, coltivati a cereali, soia, erba medica e girasoli, in gran parte con metodi biologici. Altri quattro ettari abbondanti a vigneto, in buona parte vecchio di 50 anni e rinnovato con infinita pazienza, in parte di nuovo impianto: la prima annata di Merlot doc biologico, a 13 gradi, consiste in 4 mila bottiglie.
Numeri che i fratelli proveranno a far crescere. La qualità, invece, è già alta. Ed è su quella che punta l’azienda Raffaele Sovran. Avviata da nonna Amelia Antoniali e nonno Angelo Sovran, era stata portata avanti da papà Valerio e da uno zio. «Dopo la morte di papà – hanno raccontato Raffaele e Tomas –, l’azienda agricola si era fermata. Trattori e attrezzature erano abbandonati dietro casa. Nell’arco di pochi anni, abbiamo deciso di continuare e avviare la conversione al biologico» .
“Cambio vita”. Raffaele aveva studiato meccanica. «Poi ho lavorato per 13 anni come barman, quindi come restauratore di mobili» . Tomas, dopo le scuole, aveva invece appreso sul campo il mestiere di meccanico: «Un bel cambio di vita: ora a differenza di prima lavoro tutta la settimana» . Dà loro una mano il nipote Mattia Busetto, studente di agraria, che può così unire teoria a pratica. Per la parte burocratica, a garantire un apporto è la moglie di Raffaele, Tania Breda, perito aziendale.
La produzione. Impossibile competere con le multinazionali o soltanto tentare di produrre in grandi quantità per ottenere, comunque, cifre di poco conto. Meglio cercare la qualità. «La vigna di casa non era mai stata trattata con diserbanti o pesticidi. Lavorare soltanto per conto terzi, come pur continuiamo, non avrebbe dato i suoi frutti, stando ai prezzi. Abbiamo iniziato a promuovere un prodotto che valesse di più, affrontando i tre anni di percorso per il riconoscimento dei prodotti biologici».
E con l’ultima vendemmia, eccezionale per qualità ma scarsa per quantità, sono arrivate le prime bottiglie di Merlot bio, con l’etichetta che riproduce l’abbazia di Sesto. Accanto agli altri prodotti: l’intenzione, come annuncia il titolare, è sviluppare tre tipi di farina di polenta, dal produttore al consumatore. Al momento il vino dell’azienda si trova in pochi posti del luogo (un ristorante e una macelleria locale) o direttamente all’azienda (al 10 di via Piave, a Versiola).
Ma c’è molto interesse. In prospettiva, il vino potrebbe entrare nei pacchetti di prodotti legati a un percorso tra Polonia e Italia, legato alla figura di papa Giovanni Paolo II.
I ritmi della natura. La terza generazione dell’azienda crede nel rispetto della natura e nelle tradizioni degli avi, pur guardando alla modernità. Vendemmie e raccolti con metodi “familiari” , rose e altre piante tra i filari come indicatori di salute delle vigne, mai pesticidi o diserbanti. «È il vino dei nostro nonni, usiamo soltanto rame e zolfo, come una volta – evidenziano i Sovran –. I nostri ritmi di lavoro sono legati alle stagioni, dalle semine alle vendemmie o ai raccolti. Molte le soddisfazioni. Ma preoccupano il clima (pochi giorni fa i vigneti hanno subito una gelata) e gli incartamenti. Speriamo di tornare come una volta: i contadini devono essere i controllori del territorio e non in mezzo a burocrazia».
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